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Economia e Finanza

Telegram, una novità mai vista prima. Cosa succede alla messaggistica

Dopo aver raggiunto l’ambizioso traguardo dei 900 milioni di utenti, Telegram potrebbe quotarsi in Borsa già entro l’anno prossimo: l’ammissione di Durov in una intervista al FT

Telegram, l’intervista di Pavel Durov al FT – oipamagazine.it

Telegram, a breve, potrebbe quotarsi in Borsa. E’ questa la decisione che sta balenando in questi giorni nella mente di Pavel Durov, il fondatore del social network russo, dopo la notizia del raggiungimento della cifra record di 900 milioni di utenti in tutto il mondo. Un numero impensabile quando questo social venne creato e che sta avvicinando ormai l’azienda alla redditività.

L’indiscrezione è stata rilanciata dal Financial Times, che ha intervistato lo stesso Durov. “Speriamo di registrare un utile l’anno prossimo, se non

Durov ha già rifiutato allettanti offerte di acquisto

quest’anno” sono state le parole ottimistiche pronunciate dal fondatore di Telegram nell’intervista. Durov ha anche ammesso di aver già rifiutato offerte “superiori a 30 miliardi di dollari” provenienti da potenziali investitori, tra cui “fondi tecnologici globali in fase avanzata”.

Al momento nelle sue intenzioni c’è quella di effettuare ulteriori investimenti per far crescere sempre di più la platea di utenti, anche se rimane sempre viva l’ipotesi che in futuro possa accettare un’offerta pubblica. “Vogliamo rimanere indipendenti” è il proposito manifestato dallo stesso fondatore.

Una immagine di Pavel Durov, fondatore di Telegram

Un’app, quella creata da Durov, che nel corso degli anni è finita nel mirino di alcune tesi complottiste secondo le quali rappresenterebbe una sorta di ricettacolo di attività criminali, oltre che un volano di fake news e di contenuti estremisti o a sfondo terroristico. Secondo le tesi più estreme, addirittura Telegram rappresenterebbe una estensione delle attività social del Cremlino. Una congettura che lo stesso Durov, nell’intervista rilasciata al Financial Times, ha ritenuto “inesatta”.

Adesso i fari sono puntati sui prossimi utili che l’azienda sarà in grado di registrare, prima di puntare dritta verso una quotazione negli Stati Uniti sfruttando eventuali condizioni di mercato favorevoli. Al momento ci sono “diverse opzioni”, ha ammesso lo stesso fondatore di Telegram, che non si è voluto sbilanciare sui tempi entro i quali l’azienda si quoterà.

Cosa bolle in pentola per il prossimo futuro

Telegram, nel corso degli anni, ha raccolto qualcosa come 2 miliardi di dollari attraverso la sottoscrizione di obbligazioni. In caso di IPO, ha ammesso lo stesso Durov, l’azienda potrebbe valutare anche l’ipotesi di vendere una quota di azioni agli utenti cosiddetti fedeli, mentre si sta già pensando a un piccolo aumento di capitale.

“Questa rimane una possibilità se volessimo raccogliere fondi, ad esempio, per cimentarci in campi poco esplorati e legati all’intelligenza artificiale”, ha spiegato il fondatore di Telegram. Il social network russo nacque ufficialmente nel 2013 da una idea dello stesso Pavel Durov, condivisa e realizzata insieme al fratello. Al momento, l’azienda vanta 50 dipendenti a tempo pieno.