Riforma pensioni INPS, cosa accadrà dal 2024 al 2026: questi i probabili scenari

Tutti si chiedono cosa accadrà dal 2024 al 2026. Ci sarà la tanta attesa riforma pensioni INPS? Vediamo lo scenario più gettonato.

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La natura illusoria del pensionamento in Italia è ampiamente riconosciuta dall’opinione pubblica.

Ciò può essere attribuito all’attuazione della riforma Fornero nel 2011, che ha modificato drasticamente l’accessibilità delle pensioni per i lavoratori.

La riforma ha reso estremamente difficile ottenere le pensioni, determinando una significativa disconnessione tra i lavoratori e le loro prestazioni pensionistiche.

Di conseguenza, l’attuale governo si trova ora di fronte al compito urgente di attuare una riforma pensionistica globale che includa nuove misure e strumenti di sicurezza sociale.

Questa non è una nuova situazione, poiché anche i governi precedenti sono stati incaricati dello stesso obiettivo.

Tuttavia, il fatto che siamo ancora al punto di partenza suggerisce che sono stati compiuti pochi progressi.

Negli ultimi anni, numerosi provvedimenti sono stati introdotti in ambito pensionistico, ma sono serviti solo come soluzioni temporanee, prevedendo piccoli aggiustamenti senza risolvere efficacemente i problemi causati dalla riforma Fornero.

Riforma pensioni INPS, cosa accadrà dal 2024 al 2026?

Allo stato attuale, le condizioni sembrano essere favorevoli per una vera riforma. Mentre le sfide persistono, ci sono numerose opportunità per la riforma delle pensioni di concretizzarsi entro la conclusione della sessione legislativa.

Questi strumenti hanno preso il posto delle pensioni tradizionali dal 2012. La riforma pensionistica guidata da Elsa Fornero è stata il catalizzatore di questa significativa trasformazione.

Riforma pensioni INPS
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Inizialmente, le pensioni erano legate a specifici requisiti di età, ma ora si sono evolute in opzioni di prepensionamento.

L’unico requisito legittimo, noto come requisito contributivo, è passato dai 40 anni fino al 2011 agli attuali 42 anni e 10 mesi.

Ora, approfondiamo il tema del pensionamento anticipato per gli uomini, in quanto le donne possono andare in pensione con 41 anni e 10 mesi di contributi.

Quota 41 è la soluzione?

Come possiamo affrontare questo evidente deterioramento dei requisiti? La soluzione individuata da tempo è l’attuazione di una quota universale di 41 anni.

Questa misura, nonostante sia stata ampiamente discussa, rimane difficile da mettere in pratica.

Una volta implementata, Quota 41 introdurrebbe una nuova forma di pensionamento anticipato disponibile per tutti gli individui.

In particolare, questa misura non imporrebbe alcuna restrizione o limitazione all’ammissibilità. La pensione verrebbe invece concessa a tutti i lavoratori che hanno versato 41 anni di contributi, senza alcun requisito di età.

Ciò segna un significativo allontanamento dall’attuale sistema di prepensionamento, che è limitato alle persone che affrontano sfide legate al lavoro, fisiche o sociali.

Quota 41
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L’attuazione della quota 41 rappresenterebbe un chiaro cambiamento di direzione politica.

L’odierna quota 41 si applica alle badanti che hanno prestato assistenza a familiari a carico con disabilità per una durata minima di 6 mesi.

Inoltre, tali badanti devono avere un livello di invalidità pari almeno al 74%, essere stati disoccupati senza percepire sussidi Naspi per un periodo minimo di 3 mesi e aver svolto lavori faticosi per 7 negli ultimi 10 anni o per 6 negli ultimi 7 anni.

Al contrario, la versione universale di questa quota comprenderebbe tutti i lavoratori, trascurando qualsiasi specifica differenziazione del pubblico.

Se Quota 41 venisse applicata universalmente, andrebbe a sostituire di fatto il prepensionamento, reintroducendolo in modo più aderente all’attuale sistema di prepensionamento ordinario.

Ciò comporterebbe una quota pari o prossima ai 40 anni di anzianità attualmente richiesti.

Nell’era attuale, le circostanze sono uniche e distinte. Il numero di individui in grado di stabilire carriere durature e dare contributi significativi sta diminuendo.

Fattori come la disoccupazione, la precarietà del lavoro e sporadiche opportunità di lavoro pongono sfide significative alla longevità delle carriere dei lavoratori.

Di conseguenza, è diventato sempre più arduo individuare lavoratori in grado di raggiungere i 43 anni di servizio richiesti per il pensionamento anticipato standard nei difficili e complessi tempi attuali.

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