Come il neuromarketing influenza le scelte di acquisto

Nel settore degli acquisti, molto importante è il neuromarketing, una pratica che influenza il modo in cui facciamo la spesa.

Neuromarketing
Neuromarketing- Oipamagazine.it

Ma in cosa consiste e come viene utilizzato? Scopriremo ogni cosa su questo argomento nel testo che segue.

Il neuromarketing usato come strategia

Nel momento in cui si entra in un market, siamo invasi da una miriade di sensazioni provocati da odori, rumori ed immagini.

Spesso infatti capita che fare la spesa diventi un’esperienza molto stimolante, degli stimoli che si registrano soprattutto nella parte inconscia del cervello.

Il nostro cervello, che è impegnato nel ricordare cosa bisogna acquistare, non sempre pone attenzione agli input sonori, visivi ed olfattivi che ci circondano.

Nonostante ciò, questi sono in grado di condizionare ogni scelta di acquisto anche se non sempre riusciamo a rendercene conto.

Infatti lo scopo del neuromarketing insieme a quello delle scienze cognitive, è quello di andare alla ricerca di tutti quei processi cerebrali i quali si attivano dinanzi a sollecitazioni diverse.

Per che cosa viene utilizzato tutto ciò? Si tratta di pratiche che sono necessarie per ottenere una più approfondita conoscenza del sistema intellettuale e di generare risultati che influenzano le scelte di acquisto in alcuni punti vendita.

Anche se sono delle materie che si stanno muovendo ancora nella fase di esplorazione e studio, è molto importante essere a conoscenza che ci sono alcuni principi che possono essere utili per comprendere perfettamente i condizionamenti, degli elementi capaci di influenzare come si riempie il carrello della spesa.

Che cos’è il loro marketing e gli strumenti che utilizza

Era il 2002 l’anno in cui nacque il neuromarketing, una disciplina proveniente dagli studi del Professor Ale Smidts, un uomo che ricopriva il ruolo di esperto di Marketing Research della School of Management di Rotterdam.

Questa terminologia si è poi diffusa in Italia nel 2016, anno in cui fu fondata l’Ainem, Associazione Italiana di Neuromarketing.

L’applicazione principale di quello che è il neuromarketing è si svolge all’interno del marketing, proprio come suggerisce la parola.

Si tratta di diverse attività promozionali che hanno fini commerciali come packaging, pubblicità oltre al product placement.

Gli strumenti che invece si utilizzano non sono altro che delle rilevazioni bio fisiologiche a cui si affiancano altre tre tecnologie, ossia:

  • risonanza magnetica funzionale, ossia la mappatura di alcune zone del cervello le quali si attivano di fronte ad una precisa stimolazione;
  • encefalogramma il quale, è in grado di misurare il livello di interesse per qualcosa nel momento in cui si rileva il potenziale elettrico del cervello;
  • eye-tracking ossia l’indicatore di comportamento e il compito di tracciare il movimento degli occhi sopra una superficie.
Neuromarketing nelle aziende
Neuromarketing nelle aziende- Oipamagazine.it

Il marketing ha già utilizzato le analisi su come si comporta il cervello dei consumatori che proviene dalla neuroeconomia e dalla psicologia.

Aveva anche utilizzato delle tecniche di persuasioni oltre che a delle strategie di vendita che ancora oggi sono abbastanza utilizzate.

Con il neuromarketing però si unisce anche una comprensione migliore di un elemento molto importante, ossia delle emozioni.

Le emozioni che spingono gli acquisti

A differenza di come molti credono, il 90% di ogni decisione che ognuno di noi prende si basa sull’irrazionale.

Numerosi sono gli scienziati i quali sono stati in grado di confermare questa teoria in base alla quale, il nostro cervello è capace di operare su due livelli molto simili.

Il primo è quello razionale e il secondo è quello inconscio. Ed è proprio sull’area emozionale che in data il neuromarketing.

Uno degli esperimenti da citare tra quelli che sono stati in grado di dimostrare quanto sia fondamentale questo componente, è stato realizzato nel 2018, molto più precisamente nel mese di marzo.

Si tratta di uno studio portato avanti da due uomini molto importanti il professore di marketing Raj Raghunathan insieme al dottorando Szu-Chi Huang dell’Università di McCombs, in Texas.

Utilizzando una foto di alcune galline, una dove era mostrato l’animale al naturale e una in cui mi veniva raffigurata una deperita, hanno fatto un’analisi su un gruppo di studenti diviso in due campioni, chiedendo loro quale scatto preferivano.

Per effettuare una scelta, a questi gruppi sono state date altre informazioni: al primo è stato detto loro che la gallina più in carne era poco saporita e al secondo invece è stato comunicato l’opposto.

Sia il primo che il secondo gruppo, hanno fatto ricadere la propria scelta sulla gallina sana anche se per motivi diversi.

In poche parole il condizionamento provocato dalla galline meno piacevole alla vista è stato molto più forte del condizionamento razionale.

Si tratta di un episodio che viene definito come “post-cock” e in cui si ribadisce che le impressioni hanno effetto su coloro che sono convinti di uscirne immuni.

A cosa si fa riferimento quando si parla di emozioni? In base a ciò che afferma il neuroscienziato António Damásio ogni emozione:

“riguardano delle attività che avvengono all’interno del corpo, nei muscoli, nel cuore, nei polmoni, nelle reazioni endocrine”

Il marketing emozionale quindi si basa su comuni sensazioni basilari .

Che cosa influenza il carrello della spesa

Quando andiamo a fare la spesa, abbiamo di fronte a noi più di 300 marchi diversi anche se non tutti però vengono inseriti nel carrello.

Ma per quale motivo? Oltre ad escludere le ragioni a livello economico e quelle di necessità, è necessario prendere in considerazione anche le componenti emotive.

E’ importante quindi prendere in considerazione il fattore tempo che diviso in due, ossia la velocità del processo legato alle decisioni e quanto dura la visita.

In poche parole, più tempo si sta in uno store e maggiori possibilità ci sono di riempire il carrello.

Passiamo poi al supermercato. L’ingresso è stato realizzato iniziando con una zona di decompressione in cui il consumatore riesce ad orientarsi e a prendere la giusta confidenza con l’ambiente che lo circonda.

Infatti si tratta di uno spazio organizzato con promozioni o aree di benvenuto, si tratta di una tecnica che, attraverso un personale dedicato o dei cartelloni, cercano di dar vita ad un ambiente in cui regna la fiducia.

Il secondo elemento del supermercato è il percorso. Se ci si fa a caso, si potrà notare che molti punti vendita sono stati organizzati per navigare in senso antiorario in modo che possa essere favorita la fruizione dei prodotti da destra a sinistra.

Visto che molti cittadini sono destrimane, tale direzionamento riuscirà a catturare l’attenzione con molta più facilità.

Poiché l’impressione iniziale è quella più importante, è fondamentale anche come viene esposta alla frutta. Le verdure più fresche vengono spesso messe all’inizio del percorso.

La verdura viene inserita all’inizio proprio per lasciare un senso di genuinità seguito poi dai prodotti da forno che sono in grado di catturare l’attenzione attraverso l’olfatto.

Visto che il gusto ha bisogno della sua parte, all’interno dei banchi gastronomici spesso ci sono degli assaggini gratuiti i quali spingono l’utente ad acquistare un prodotto anche se non ne aveva bisogno.

Spesa
Spesa-Oipamagazine.it

Per quanto riguarda l’utilizzo, in base ad un esperimento realizzato dall’università di Leicester, è stato possibile dimostrare che la musica è in grado di condizionare la decisione di acquisto.

Attraverso il test, il quale si è concentrato sulla sezione dei vini, si è scoperto che, diffondendo una melodia tedesca e una francese, il 77% dei presenti hanno acquistato un vino proveniente dalla Francia o dalla Germania in base alla melodia che inconsapevolmente stavano ascoltando.

Per quanto riguarda il tatto invece entra in gioco il pavimento del locale. Per alcuni infatti l’avanzare delle fughe sotto le ruote del carrello della spesa, dà vita alla sensazione di spostarsi troppo in fretta, spingendo così i clienti  a camminare più piano tra i vari scaffali.

Sono gli scaffali a spingere le persone a soffermarsi di più e ad andare alla ricerca di ciò di cui hanno bisogno.

Infatti, non è un caso che il banco dei latticini, insieme a quelli dei prodotti caseari, si trova alla fine del locale, una disposizione che costringe i consumatori a un passare davanti a numerose altri articoli che inevitabilmente metteranno nel carrello.

Spesso capita poi di vedere modificata la disposizione, sfruttando una tecnica secondo la quale vengono messi, ad altezza occhi, quei prodotti con i costo più elevato.

Impossibile non citare il trucco del prezzo al ribasso che sfrutta il segno del 9. In base a questa teoria, nel momento in cui si stabilisce un prezzo iniziale molto alto, lo sconto che verrà applicato farà sì che si percepisca un grande senso di risparmio.

Inoltre, quando un prodotto viene messo in vendita a €4,99, si va a sfruttare l’elaborazione rapida della mente che riduce il prezzo a 4 euro e non 5 euro.

Il packaging nel neuromarketing

Lo stesso packaging ricopre un ruolo molto importante per conquistare l’attenzione del cliente.

Infatti, nel caso in cui un involucro non è molto attraente, il cliente è tentato a non acquistarlo.

Ed è per questo motivo che il businessman e i ricercatori, si sono spesso interrogati sull’efficacia e sull’effetto del bloccaggio su ogni acquirente.

In cosa consiste il neuromarketing positivo

Se viene visto con la prospettiva del consumatore, ogni applicazione di neuromarketing viene paragonato ad uno strumento del consumismo.

Ci sono alcune ricerche però che affermano che si tratta di strumenti in cui è presente anche un secondo volto della medaglia.

È stato Esther Papies il professore di psicologia sociale dell’Università di Utrecht a rilevare che, distribuendo semplicemente dei volantini in cui erano presenti le parole “a basso contenuto calorico” e “salutare” proprio davanti alla porta di un supermercato, ha spinto le persone in sovrappeso ad acquistare il 75% in meno di alimenti ipercalorici e snack.

Sempre negli stessi soggetti c’è stato un aumento pari al 24% dell’acquisto di verdura e frutta.

Quest’ultimo è il dato ottenuto dopo un test realizzato dal professor Brian Wansink di Cornell.

Insomma, non sempre il neuromarketing ha dei risvolti negativi poiché potrebbe anche spingerci in direzioni che difficilmente riusciamo a prendere autonomamente.

Impostazioni privacy