“Acquerelli”, perché si chiamano così? Significato, come si usano, chi li ha inventati

Acquerello, nell’accezione più specifica, si riferisce ad una tecnica pittorica basata sull’utilizzo di pigmenti trattati con leganti, macinati e mescolati ad esso, e poi diluiti in acqua.
Il nome, dunque, deriva dal fatto che la loro consistenza è molto fluida e delicata, proprio perché disciolti nell’acqua; le origini dell’acquerello sono molto antiche e risalgono addirittura agli egizi, e la sua successiva diffusione è testimoniata dall’utilizzo da parte dei cinesi nei primi secoli D.C. e dai miniaturisti medievali.
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Diffusione

Sebbene affine e molto simile, tale tecnica non era propriamente quella moderna che intendiamo al giorno d’oggi; fu nel XVI secolo che l’acquerello acquistò grande popolarità grazie al noto incisore tedesco Durer che ne indagò le potenzialità come forma di espressione.
Il principio e le caratteristiche, simili alla tecnica della gouache (guazzo), per facilità di trasporto dei materiali e rapidità di utilizzo, ne facevano lo strumento ideale per chi era solito viaggiare molto o dipingere all’aperto.
L’acquerello, dopo l’introduzione dei colori ad olio nel XV secolo, venne sempre più utilizzato per la preparazione di studi e bozzetti preparatori e solo nell’800 tornò ad essere considerato una tecnica di primo piano, grazie a grandi artisti come Turner e Dayes e, nel 900, con Klee, Monet, Picasso e Kandinskij.


Tecnica

La tecnica dell’acquerello è molto raffinata e difficile poiché, a causa della delicatezza e trasparenza dei colori utilizzati, rende difficile correggere eventuali errori o sbavature.
In commercio esistono diversi tipi di acquerello: formato solido, liquido o in pasta, mentre le tecniche più usate sono quelle per velature sovrapposte, pittura bagnato su bagnato e bagnato su asciutto.
Il supporto preferito per la stesura è la carta ruvida, contenente alte percentuali di cotone.

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